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Il turismo adultescenziale: Analisi dell’esperienza turistica dei personaggi adultescenti in Puerto Plata Market di Aldo Nove

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Academic year: 2022

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Il turismo adultescenziale

Analisi dell’esperienza turistica dei personaggi adultescenti in Puerto Plata Market di Aldo Nove

Antonino Fiorito

Romanska och klassiska institutionen Självständigt arbete 15 hp, Kandidatuppsats Vårterminen 2020

Handledare: Cecilia Schwartz Opponent: Virna Siciliano

English title: The Kidult’s Tourism. Analysis of the touristic experience of the characters in Puerto Plata Market by Aldo Nove

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Il turismo adultescenziale

Analisi dell’esperienza turistica dei personaggi adultescenti in Puerto Plata Market di Aldo Nove

Antonino Fiorito

The kidult’s tourism

Analysis of the touristic experience of the characters in Puerto Plata Market by Aldo Nove

Antonino Fiorito

Abstract

The purpose of this thesis is to analyze and understand how the “kidult” experience could be connected to the experience of the consumerism side of mass tourism and sexual tourism in the novel Puerto Plata Market written by Aldo Nove. This paper will show how the bad tourism phenomenon is connected to the infantilized adult by applying a theoretical framework including the Jungian archetype puer aeternus, the references to the so called “kidult” phase as well as the Kantian state of immaturity.

Moreover, the thesis will take into account the representation of the infantilized consumerist tourism in the novel and interconnect it with Augé’s ideas of the nonplace. The analysis is divided into five parts:

in the first one some psychological aspects by Carl Jung found in the novel are introduced, in the second one what consumerism does to keep adults in the adolescent state of mind, in the third one it is analyzed the provisional life and the state of stable instability of the puer aeternus and kidult, in the fourth category it is shown what the puer aeternus seeks in a romantic partner in order to justify the sexual tourism in the Dominican Republic, and in the fifth category the comparison between Puerto Plata and Disneyland.

Keywords

Aldo Nove, Puerto Plata Market, Cannibali, Archetype, Kidult, Tourism, Nonplace

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Indice

1. Introduzione ... 1

1.1. Scopo, ipotesi e domande di studio ... 1

2. Aldo Nove e la letteratura cannibale ... 2

2.1. I cannibali ... 2

2.2. Opera di Aldo Nove ... 3

2.3. Puerto Plata Market ... 3

3. Teoria e metodo ... 4

3.1. Puer aeternus, adultescente e lo stato di immaturità ... 4

3.2. Turismo consumista e infantile ... 7

3.3. Il nonluogo e Disneyland ... 7

4. Analisi ... 8

4.1. Entwined ... 9

4.2. Happiness in slavery ... 10

4.3. Man in the box ... 14

4.4. Heaven’s a lie ... 17

4.5. Slave New World ... 20

5. Conclusione ... 22

6. Bibliografia ... 25

6.1. Opera primaria ... 25

6.2. Opere secondarie ... 25

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1. Introduzione

Nel 1997, l’autore lombardo Aldo Nove ha regalato al mondo il suo primo romanzo e “flop letterario”

(Lucamante, 2006, p. 374):1 Puerto Plata Market. In questo flop, lo scrittore ci immerge nel flusso irrazionale di pensieri, sensazioni, ed emozioni che abitano la testa di un italiano medio2 della sua generazione: mammone, confuso, intossicato dalla TV e dalle merendine Mulino Bianco, in trasferta ai Caraibi, - nel suo immaginario terra di conquista di Efrain Calzelunghe – con lo scopo di trovare una moglie che lo accompagni all’Ikea per sperimentare l’apoteosi del consumismo. Il protagonista di Puerto Plata Market presenta molti tratti infantili: è un teenager dentro il corpo di un adulto, avulso dalla realtà.

È interessante notare come nel romanzo tutti gli adulti presenti sembrano avere questi tratti e si trovano nei Caraibi per sentirsi liberi, fiscalmente e sessualmente, dalla realtà stressante dell’Italia. Esiste dunque un legame tra il turismo sessuale nel terzo mondo e l’infantilismo degli adulti? In questa tesina verranno applicati i paradigmi dell’”adultescenza” e del turismo di massa e sessuale nell’opera di Aldo Nove Puerto Plata Market e indagare la correlazione tra essi.

1.1. Scopo, ipotesi e domande di studio

Lo scopo di questa tesina è indagare i tratti della cosiddetta “adultescenza”, cioè il rimanere in uno stato adolescenziale oltre i 30 anni, nei personaggi del romanzo Puerto Plata Market (1997) di Aldo Nove e come questi si riflettano nel turismo di massa, declinato anche come turismo sessuale dedito al consumo.

Inoltre, si cercherà di indicare se la Repubblica Dominicana sia un nonluogo per adultescenti, confrontando l’isola e l’esperienza che si fa su questa con la Disneyland descritta dall’antropologo francese Marc Augé (1999), un luogo, sulla carta, pensato per bambini. L’ipotesi è che Puerto Plata Market voglia denunciare, sotto un sarcastico nichilismo, come la società capitalista e consumista, con i suoi piaceri istantanei e sogni indotti dalla pubblicità e dai media, trattenga i suoi utenti in uno stato adultescenziale e allo stesso tempo crei dei turisti irresponsabili, condizionati al consumo di beni e persone. Le domande di questa tesina sono:

1. In che modo i personaggi del romanzo sono degli adultescenti?

2. Può l’esperienza consumistica del turismo di massa e sessuale essere ricondotta all’adultescenza nel romanzo di Nove?

3. La Repubblica Dominicana del romanzo di Nove viene rappresentata come un nonluogo creato per i turisti adultescenti?

1 Citazione di Lucamante: “[…] The imagery in his settings are paralyizing, even in the litterary flop Puerto Plata Market.”

2 Con italiano medio si intende un italiano che rientra nella media nazionale per quanto riguarda gli aspetti sociali, economici e culturali. Negli ultimi decenni ha acquisito una connotazione negativa presentando aspetti richiamati nella descrizione del protagonista di Puerto Plata Market.

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2. Aldo Nove e la letteratura cannibale

Aldo Nove, con Puerto Plata Market (1997) e la raccolta di storie Woobinda e altre storie senza lieto fine, pubblicato l’anno precedente, è stato collocato nel genere pulp, popolare in Italia a metà anni Novanta. Il pulp italiano godé di una certa popolarità grazie alle opere di una sfilza di giovani autori chiamati “cannibali”.

2.1. I cannibali

In Italia, la letteratura pulp emersa negli anni 90 è stata definita con l’aggettivo cannibale: un riferimento al titolo dell’antologia Gioventù cannibale del 1996 curata da Daniele Brolli. La raccolta, con il sottotitolo La prima antologia italiana dell’horror estremo, contiene dieci racconti dove figurano, tra gli altri, Niccolò Ammaniti e Luisa Brancaccio, Andrea G. Pinketts, Alda Teodorani e lo stesso Nove (Mondello, 2007, p. 66). In questo movimento cannibale vengono annoverati anche autori che non collaborarono all’antologia e che usavano stile, contenuti e temi diversi come Tiziano Scarpa, Isabella Santacroce, Simona Vinci, Carlo Lucarelli (Lucamante, 2001, p. 15). I cannibali furono un caso letterario costruito dai media: sono stati criticati per la loro “poetica dell’eccesso”, colma di atti gratuiti e di sangue, che ha fatto passare inosservato l’impatto innovativo del loro linguaggio e della loro ironia grottesca sulla letteratura pulp italiana (Mondello, 2007, p. 68-69). I cannibali, nonostante la grande varietà narrativa, erano accomunati da una fascinazione critica per la cultura di massa americana, il cui consumismo, cioè la vendita illusoria di felicità, ne ha rappresentato lo stimolo creativo (Lucamante, 2006, p. 373-374).

I narratori pulp raccontano della gioventù italiana nell’ultimo decennio del ventesimo secolo i cui protagonisti sono spesso studenti, commesse, operai e impiegati tra i 20 e i 30 anni che rappresentano la condizione dei propri autori quasi autobiograficamente. Gli spazi rappresentati sono i cosiddetti veri luoghi come il mondo urbano, le università, i locali, cioè luoghi che, come afferma l’antropologo Marc Augé, sono identitari, relazionali e storici. Allo stesso tempo vengono narrati gli ipermercati, le autostrade, gli aeroporti, i treni, cioè i nonluoghi, che sono espressione della surmodernità, cioè una condizione derivata dall’eccesso di informazione, di immagini e di individualizzazione (Mondello, 2007, p. 144-145). Il linguaggio usato è un italiano neo-standard con espressioni riprese dai territori regionali degli autori, come ad esempio il milanese di Nove, il veneziano di Tiziano Scarpa e il romanesco di Niccolò Ammaniti, con il ricorso ad un lessico che riproduce il parlato informale che dà un gusto ancora più realistico alla letteratura “cannibalista” (Lucamante, 2001, p. 20-21).

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Una caratteristica particolare dei cannibali è la presenza di pastiche dei programmi e personaggi della televisione italiana nei loro testi: per la prima volta la televisione entra nella letteratura italiana in modo prepotente e pervasivo, diventando un luogo di formazione, che influenza il linguaggio e che crea simboli per gli scrittori pulp della penisola. La televisione diventa la fonte dell’immaginario collettivo, e tutto quello che ne esce, viene messo sullo stesso piano, che sia “trash” o alta cultura. I cannibali criticano ironicamente la comunicazione commerciale dei marchi e i prodotti presenti nelle nostre vite (Mondello, 2007, p. 77-89).

La TV, il consumo e il linguaggio moderno e giovanile hanno creato una nuova immagine dell’Italia che cercava di uscire dagli anni di piombo, segnati da uno sconvolgimento interno sul piano sociale e politico. Ciò che questi giovani autori cercavano di raccontare erano le diverse realtà nascoste nell’Italia contemporanea che era l’esito della crisi di quelle ideologie che fino ad allora avevano assegnato senso all’esperienza e dell’influenza della cultura di massa statunitense (Lucamante, 2001, p. 32-34).

2.2. Opera di Aldo Nove

Aldo Nove, pseudonimo di Antonio Centanin, nato a Viggiù nel 1967, inizia la sua carriera da scrittore firmando le raccolte poetiche Tornando nel tuo sangue (1989), Musica per streghe (1991) e La luna vista da Viggiù (1994) e esordisce nella prosa con Woobinda e altre storie senza lieto fine (1996). Con Woobinda, Nove racconta soprattutto l’influenza della televisione italiana nella vita contemporanea degli italiani, rappresentando storie violente in cui le grottesche vicende dei personaggi si intrecciano col mondo dei mass media. Nove scrive “televisivamente”, il suo linguaggio viene direttamente dal parlato televisivo, con un lessico caratteristico del settore (Mondello, 2007, p. 77-89). Nello stesso anno è autore di “Il mondo dell’amore” per l’antologia Gioventù cannibale, racconto che narra l’auto evirazione di due uomini che cercano di imitare i protagonisti di un film porno (Mondello, 2007, p. 75).

Partendo da Amore mio infinito, pubblicato nel 2000, Nove si discosta dal genere pulp toccando temi più intimi e esistenzialisti, temi che utilizzerà anche in La più grande balena morta della Lombardia (2004) e La vita oscena (2010) mostrandosi narratore ecclettico in grado di spaziare in diversi generi.

Con Mi chiamo Roberta, ho 40 anni, guadagno 250 euro al mese, pubblicato nel 2006, Nove si concentra su temi di questione sociale contemporanea e con Tutta la luce del mondo del 2014 si dedica al romanzo storico raccontando la vita di San Francesco. Nel 2015 pubblica il romanzo Un bambino piangeva. La raccolta di storie, seguito spirituale di Woobinda, Anteprima Mondiale e il romanzo-saggio All’inizio era il profumo sono stati pubblicati nel 2016 (Treccani). Il suo ultimo libro è Il professore di Viggiù pubblicato nel 2018, un romanzo che racconta la visione della vita di un professore scomparso da alcune note di un taccuino ritrovato da uno studente.

2.3. Puerto Plata Market

Pubblicato da Einaudi nel 1997, Puerto Plata Market è il primo romanzo di Aldo Nove. Il romanzo racconta di Michele, un trentenne lombardo che crede che l’amore sia come un “gratta e vinci” con cui si possono vincere “2500 lire o il jolly”, cioè una lotteria con in palio premi insignificanti o un premio che ti cambia la vita. Dopo essere stato tradito dalla propria fidanzata, Michele si convince che per

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trovare l’amore della vita bisogna andare lontano, nella fattispecie nella Repubblica Dominicana perché, dopo averne letto sulla rivista erotica “Le Ore Mese”, crede che le donne dominicane siano perfette per lui. Prenotato il biglietto e arrivato a Puerto Plata, Michele girovaga per i supermercati, negozi e bar del luogo, assieme ad altri turisti italiani e non, e trova il “jolly” che stava cercando in una prostituta.

Puerto Plata Market riprende molti aspetti già presenti in Woobinda e racconta dell’”italiano medio”

alla fine del ventesimo secolo: le vacanze ai Caraibi, la versione italiana del sogno americano, la Juventus, le videocassette, i riferimenti alla cultura televisiva da Pippi Calzelunghe a Happy Days (La Porta, 2001, p. 66-67). La televisione è ciò che definisce e fornisce la storia personale del protagonista nella quale si mischiano realtà e eventi televisivi, che rivestono la stessa importanza per lui: il giorno dell’assassinio di Aldo Moro è lo stesso del ritorno a casa del padre di Pippi Calzelunghe. Prodotti e marchi vengono costantemente citati, come la marca Mulino Bianco o il Toblerone. TV e merci sono collegate dal tema pubblicità, che è molto presente nel romanzo: le pubblicità sono dei donatori di sogni che si materializzano nel magazzino dell’Ikea, il paradiso che il protagonista Michele, assieme al suo

“jolly”, riuscirà a raggiungere nel finale della storia (Mondello, 2007, p. 125-133).

3. Teoria e metodo

Per condurre quest’analisi, si prenderanno in considerazione alcuni concetti teorici tratti da discipline diverse: l’archetipo del puer aeternus sviluppato dallo psicanalista Carl Gustav Jung, le caratteristiche dell’”adultescente” nel 21° secolo elaborato dallo psicologo Massimo Ammaniti e dal sociologo Jacopo Bernardini, lo stato di “immaturità” come illustrato dalla filosofa Susan Neiman, l’influenza del consumismo e degli operatori turistici sul turismo di massa come definita dalle scienze del turismo, e infine la descrizione di Disneyland dell’antropologo Marc Augé. Per rispondere alle domande di ricerca poste nell’introduzione di questa tesina, il romanzo di Nove sarà analizzato all’interno di questa cornice con il metodo del close reading. Più precisamente, si cercherà di applicare i paradigmi e i modelli teorici menzionati sopra all’analisi di brani estrapolati dal romanzo per verificare se e come contribuiscano alla definizione dei personaggi e delle tematiche del romanzo.

3.1. Puer aeternus, adultescente e lo stato di immaturità

L’adulto rimasto bambino è un’idea che ha attirato l’interesse di psicologi e filosofi. L’allievo svizzero di Freud, Carl Gustav Jung, sviluppò tra gli anni ’10 e ’20 del 1900 la teoria psicanalitica, introducendovi l’idea dell’inconscio collettivo del quale fanno parte gli archetipi. L’archetipo è un’immagine mitologica che prende forma nel linguaggio figurato, nei miti e nei simboli e che proviene dalle parti più profonde dell’inconscio che non sono accessibili in modo diretto (Treccani). Il puer aeternus è un archetipo che indica un individuo adulto rimasto nella psicologia adolescenziale. Una delle idee principali dell’archetipo è la presenza di un “complesso della madre”,3 che comporta un disturbo nella

3 Non si intende la madre in carne ed ossa, ma un’idea della madre, una madre dea, che il puer proietta nella vera madre, in altre donne o nel mondo.

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personalità del puer: il dongiovannismo. L’analista junghiana Marie-Luise von Franz, allieva di Carl Jung e esponente di spicco della psicologia analitica del XX secolo, spiega che nel dongiovannismo il puer cerca inconsciamente in altre donne la stessa relazione che ha con la madre. Tuttavia, poiché ha creato un’immagine idealizzata e persino divinizzata della madre, nessuna donna risulta essere alla sua altezza, e dopo l’iniziale fascinazione, ne rimane insoddisfatto. (von Franz, 1980, p. 1-2).

Il puer è dunque in uno stato chiamato “vita provvisoria”, cioè un atteggiamento di sospensione verso la vita nel quale il puer non si sente ancora arrivato al momento giusto per un cambiamento o un passo importante. Esso teme quindi di ritrovarsi in una situazione dalla quale sia impossibile tornare indietro e sia per questo costretto a rinunciare al proprio potenziale inespresso. Questa neurosi potrebbe causare un “complesso del Messia”, per cui l’individuo nutre dentro di sé l’idea di essere in grado di salvare il mondo ma si convince che ancora non è arrivato il momento. È affascinato dal pericolo e dagli sport estremi e ha il desiderio di volare il più in alto possibile per fuggire dalla realtà e dalla quotidianità.

Inoltre, il puer preferisce sport dove non è richiesta né pazienza né allenamento (von Franz, 1980, p. 2- 3).

Il puer è inoltre consapevole della transitorietà degli avvenimenti della vita e della loro finitezza. Per spiegare questo concetto, von Franz fa quest’esempio: il puer conosce una donna ma sapendo che alla fine ne rimarrà deluso, non dà tutto quello che può dare ed è sempre pronto a concludere la relazione. Il puer vuole così evitare di “cadere dal cielo”, cioè rimanere disillusi e alla fine patirne le sofferenze, un comportamento che gli impedisce di vivere pienamente (1980, p. 117). Se il puer cerca di evitare in tutti i modi la sofferenza, evita di conseguenza il confronto con la realtà, una sfida che secondo von Franz il puer dovrebbe invece cogliere: se si abbraccia la realtà, si accetta la vita e se si accetta la vita, si accetta la morte, che è qualcosa che il puer invece non può tollerare perché esso si identifica con l’immortale e accettare la morte varrebbe ammettere la propria mortalità (1980, p. 161). La psicanalista spiega inoltre come l’ingresso nella vita rappresenti il motivo mitologico dell’abbandono del paradiso da parte del puer: lasciando il paradiso, l’uomo si rende conto, oltre che della propria mortalità, della propria incompletezza e corruttibilità (1980, p. 166). Von Franz spiega anche che alcuni pueri usano diversi mezzi, come gli aerei, per allontanarsi dalla madre terrena e dalla realtà. Se non sono veri aerei, allora sono “aerei del pensiero”. Il puer scappa mentalmente dalla realtà e dalla sua rappresentazione nella madre terrena rifugiandosi nell’intellettualismo: nel caso del puer sono degli sterili intellettualismi filosofici, come le discussioni teologiche, che vengono affrontate con altri intellettuali in un vano tentativo di salvare la propria mascolinità mentale. Così facendo sacrifica però il proprio fallo4 e la propria mascolinità creativa, cioè la vitalità d’azione nel modellare la realtà a proprio piacimento (1980, p. 174).

Lo psicologo Massimo Ammaniti usa il neologismo “adultescenza” per indicare una fase della vita post- adolescenziale nella quale quei tratti caratteristici degli adolescenti perdurano oltre i 30 anni. Gli adultescenti non si rendono conto del tempo che passa e vivono totalmente concentrati su sé stessi: una condizione esistenziale che rende impossibile una responsabilizzazione verso un partner, o la creazione di una famiglia, pena il sacrificio della loro condizione di “stabile instabilità”, in attesa di un qualcosa che risolva la loro vita. L’adultescenza può essere una fase della vita più comune nei paesi più ricchi e

4 Metaforicamente

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sviluppati, i quali danno maggior tempo e possibilità di esplorazione agli adultescenti che però, se non si danno un limite, potrebbero rimanere in questa fase per un lungo tempo e sottrarsi al confronto con la realtà (Ammaniti, 2018, p. 107-111). Secondo il sociologo Jacopo Bernardini, questa fase della vita viene condizionata dai media e dalla società capitalista e consumista che promuove l’adultescenza, non più come una fase transitoria, ma una vera propria scelta di vita che si concretizza in una fuga dalle responsabilità. L’adultescenza viene promossa dai media incitando il risveglio del proprio io bambino, proponendo modelli di adulti immaturi al cinema, in TV e su internet e banalizzando i media e i beni di consumo. Ma perché i media e le aziende si orientano verso l’infantilizzazione degli adulti? Perché così facendo, gli adulti diventano come i bambini, gli adolescenti e i giovani in generale che sono gli archetipi dei perfetti consumatori per via del loro egocentrismo, della loro impulsività e emozionalità.

L’adultescente quindi è un consumatore adulto che cerca di fuggire dalla realtà seguendo il principio del piacere: ogni bisogno deve essere soddisfatto istantaneamente e bisogna comprare tutto quello che la società del consumo ci offre. Di conseguenza, il presente diventa l’unico luogo attraente dove è possibile trarre piacere e dove si può rimanere giovani per sempre (Bernardini, 2013). L’infantilizzazione si può dunque definire in tre dualismi: facile-difficile, semplice-complesso e veloce-lento nel senso che vengono prese decisioni dalle quali un individuo possa ricevere una gratificazione in modo facile, semplice e veloce; comportamenti che contrastano con l’agire difficile, complesso e lento che caratterizza individuo maturo (Barber, 2007, p. 82-83) Un’altra caratteristica dell’adultescente è la tendenza a essere nostalgici: la nostalgia ci permette di rifugiarci in un mondo idealizzato e trovare stabilità allontanandoci dalla realtà piena di incertezze (Bernardini, 2014).

Per la filosofa Susan Neiman la sindrome dei Peter Pan è l’emblema dei nostri tempi, perché crescendo si andrebbe a rinunciare alle speranze e ai sogni, e ad accettare i limiti dell’età adulta. Neiman spiega l’immaturità e perché si rimane immaturi rifacendosi a Immanuel Kant: semplicemente si è immaturi perché le persone sono pigre e hanno paura e per rimediare a tutto questo, lasciano che gli altri prendano le decisioni per loro. Come spiega Kant nel trattato Risposta alla domanda: che cos’è l’Illuminismo?

(2011, p. 54) :

Se ho un libro che ha intelletto per me, un direttore spirituale che ha coscienza per me, un medico che valuta la dieta per me, ecc., non ho certo bisogno di sforzarmi da me. Non ho bisogno di pensare, purché sia in grado di pagare: altri si assumeranno questa fastidiosa occupazione al mio posto.5

Neiman continua illustrando il pensiero di Kant a proposito degli stati autoritari, che hanno degli interessi propri a non creare conflitti, e a lasciare i propri cittadini in uno stato confortevole ma passivo.

Secondo il filosofo illuminista, per maturare bisogna fare come i bambini quando imparano a camminare, cioè provare a camminare, per poi cadere e poi rialzarsi con qualche livido finché non ci si riesce del tutto. Se invece il bambino viene tenuto nella carrozzina per evitare i lividi, allora non imparerà mai a camminare. Secondo Neiman, la crescita in adulto riguarda il coraggio: bisogna avere il coraggio di giudicare da soli, di accettare le crepe che farà la vita e di stare in equilibrio tra gli ideali di come il mondo dovrebbe essere e come è veramente (Neiman, 2016, p. 5-12).

5 Citazione da una traduzione di Francesca Di Donato, revisionata da Maria Chiara Pievatolo

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3.2. Turismo consumista e infantile

Il consumismo e l’infantilismo svolgono un ruolo particolare anche nel turismo. Tuttavia, bisogna prima capire perché si diventa turisti: si cerca prima di tutto una gratificazione, cioè un guadagno personale dall’esperienza turistica. Questo beneficio può essere raggiunto ricercando una realtà/un senso o fuggendo dalla propria realtà personale. Prendiamo in considerazione la seconda ipotesi. L’esperto di turismo, Richard Sharpley (2003), confronta il lavoratore medio con il tipo di vacanza che cerca: la realtà del lavoratore medio è limitata da regole e comportamenti da seguire sul posto di lavoro e il turismo gli offre l’opportunità di scappare da tutto ciò lasciandosi trasportare nelle attività ludiche che il turismo gli offre. Ad esempio, i turisti statunitensi nei Caraibi tengono dei comportamenti opposti a quelli che solitamente vengono espressi nei valori della loro cultura. Allo stesso modo vengono descritti i turisti britannici che bevono e indulgono in attività sessuali promiscue, il tutto giustificato dal fatto di non trovarsi in casa propria e dal tempo limitato che hanno in vacanza (Sharpley, 2003, p. 130-131).

Il turismo, quindi, può rappresentare una fuga dal reale che conduce ad un mondo fantastico, in cui non esistono responsabilità; i turisti regrediscono a una condizione infantile mentre gli operatori turistici assumono il ruolo genitoriale dando a loro indicazioni su quali attività svolgere e quali luoghi visitare (Sharpley, 2003, p. 131) (Andrews, 2006, p. 234). Lo scopo del tour operator è quello di far consumare il più possibile ai turisti nel poco tempo a loro disposizione. La studiosa Hazel Andrews prende da esempio i turisti britannici nei villaggi turistici di Magaluf e Palmanova a Mallorca. Sono dei luoghi piacevoli dove viene prospettato un senso di libertà che può essere raggiunta consumando. Per attrarre i turisti britannici nel resort vengono usati dei segni familiari che riconducono alla britannicità, come ad esempio il cibo, l’uso delle sterline e la TV inglese (2006, p. 226).

3.3. Il nonluogo e Disneyland

Il nonluogo è un termine coniato per la prima volta dall’antropologo francese Marc Augé. Con nonluogo si identifica un luogo che è privo del legame simbolico con un individuo, cioè uno spazio a cui manca un legame identitario, relazionale e storico (Augé, 1995, p. 77-78).

Nel descrivere il nonluogo di Disneyland a Parigi, Augé appunta come primo particolare il mantenersi delle aspettative prima di addentrarsi nel parco: il paesaggio visto da lontano con il castello della Bella Addormentata e le sue torri come viene pubblicizzato nei giornali e le televisioni, non lascia alcuna sorpresa. All’interno del parco sono presenti tante famiglie americane nonostante Disneyland sia un prodotto americano, importato dagli USA. Secondo Augé, gli americani visitano il parco perché stanchi dell’estraneità del paese in cui si trovano, in questo caso la Francia, e per ritrovare il conforto a cui sono abituati in un mondo anonimo, quello stesso conforto trasmesso dai supermercati. Ogni turista ha con sé una macchina fotografica o videocamera per documentare il fatto di aver visitato Disneyland e rivivere quei momenti a casa con i commenti di parenti e amici. Nel parco ci sono più adulti che bambini:

il bambino diventa un pretesto per gli adulti per andare a Disneyland.

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Il parco è a grandezza naturale, ad eccezione di alcune aree di divertimento come Frontierland, Adventureland o Fantasyland che sono invece in miniatura, il che aiuta i visitatori a muoversi più velocemente tra esse. Ogni “land” ha in sé una musica particolare: da quella western alle nenie orientali, ai ritornelli di Mary Poppins e di Biancaneve. Gli addetti al parco sono tutti attori vestiti a tema che interpretano i tanti personaggi Disney e sono gentilissimi. Costoro sono là per essere filmati e fare compagnia ai visitatori fino all’orario di chiusura, quando scompaiono nel retroscena. Il retroscena e i macchinari che tengono in moto il parco non sono accessibili ai visitatori ma è possibile scorgerne l’esistenza per via delle entrate per il personale. Tuttavia, si può fare un giro nel finto retroscena: il percorso sotterraneo degli “inferi”, con streghe, bucanieri, draghi, fantasmi e scheletri, in cui tutte le paure che gli adulti avevano da bambini si risvegliano. L’ultimo particolare è che, nonostante la stanchezza, gli adulti devono in ogni caso provare tutte le attrazioni perché hanno pagato il biglietto e ne hanno quindi il diritto. Infine, secondo l’antropologo, il fascino di Disneyland è l’effetto di realtà che le finzioni disneyane producono: la scena immaginaria dei film Disney diventa talvolta scena materiale nel parco di divertimenti. Perciò, il viaggio a Disneyland diventa l’emblema del turismo moderno: si visita quello che non esiste e si vive l’esperienza del vuoto e della libertà (Augé, 1999, p. 18-25).

4. Analisi

La seguente analisi è strutturata in cinque paragrafi, i titoli dei quali sono riferimenti a canzoni rock scritte da artisti che fanno parte della generazione X,6 i cui testi hanno temi comuni al paragrafo.

Nel primo paragrafo Entwined, si esamina l’archetipo della maschera e il binomio realtà/non realtà. Il titolo riprende la decima traccia dell’album Comalies del gruppo rock milanese Lacuna Coil. il testo parla dell’ansia dovuta nel vivere tra il dualismo della maschera e dell’ombra. Estratto dal testo: “Sei la corazza/ da cui non posso scappare/ e ingoio il mio orgoglio”.

Nel secondo paragrafo Happiness in slavery si esplora il rapporto tra consumismo e l’adultescente/puer nel romanzo e come il consumismo falsifichi la realtà. Il titolo proviene dalla quinta traccia dell’EP Broken del gruppo Nine Inch Nails. Il pezzo parla della falsa libertà che viene offerta dalla società del consumo, rendendo i suoi utenti degli “schiavi felici” e cechi alla vista della realtà: “Lo schiavo urla:

spende la sua vita conformandosi/ Lo schiavo urla: pensa di avere una propria identità/ Lo schiavo urla:

farà cadere il sistema/ Lo schiavo urla: ma è felice di essere incatenato a quel muro”.

Il terzo paragrafo considera la “vita provvisoria” e lo stato di “stabile instabilità” nei personaggi, e riprende il titolo del singolo Man in the box del gruppo grunge Alice In Chains. Il singolo parla del rimanere intrappolati in una scatola e non poterne uscirne similmente agli adulti intrappolati nella loro adolescenza: “Sono l’uomo nella scatola/ Sepolto nella mia merda/ Non verresti a salvarmi?”

Nel quarto paragrafo si indaga il dongiovannismo del puer. Il titolo Heaven’s a lie riprende nuovamente un singolo dei milanesi Lacuna Coil. Il pezzo parla della voglia di liberarsi dall’idea di paradiso che

6 Generazione X è un termine usato per descrivere coloro nati tra inizio-metà anni ’60 e il 1980. Aldo Nove e altri autori “cannibali” solitamente rientrano in questa generazione.

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viene imposta dalla società ed è collegabile al romanzo perché il protagonista è alla ricerca di una donna idealizzata dai media che però lo delude: “Liberami/ Il tuo paradiso è una menzogna”.

Nel quinto paragrafo, si analizza il luogo di Puerto Plata e lo si confronta con Disneyland e alla relazione turismo/consumismo. Il titolo Slave New World viene da un singolo del gruppo hard rock brasiliano Sepultura. La traccia, il cui titolo si rifà al romanzo Brave New world (Il nuovo mondo nella traduzione italiana), protesta la censura e la pressione morale nell’arte, che è costretta a seguire delle norme ben precise per essere più commerciabile: “Voi censurate ciò che respiriamo/ Pregiudizio senza fondamento/

Tutt’intorno violenza insensata / Chi è che ci opprime?/ Una volta tutte tribù libere/ Vite incatenate/

Ribolle il sangue in me/ Non siamo schiavi, siamo liberi”.

4.1. Entwined

Per analizzare i personaggi di Puerto Plata Market, bisogna prendere in considerazione due aspetti: il reale e il non reale. In questo romanzo sono spesso presenti riferimenti a una concezione del mondo bipolare e a una ricerca dell’equilibro. Come spiegato da Neiman (2016), per crescere bisogna trovare un equilibrio tra quello che il mondo dovrebbe essere e quello che è. Nel primo capitolo, si menziona, in una discussione tra il protagonista Michele e il suo amico Stefano, come debba essere raggiunto l’equilibrio tra i chakra e il reiki:7

Stefano mi ha detto di non fare lo scemo e di mettere a posto i chakra con il reiki a Milano.

C’è un posto, vicino allo stadio di San Siro, dove lo fanno.

Il reiki, per quello che io ne so, è metà palestra metà religione.

I chakra, è un insieme di palle che tu sei.

Le palle, devono stare dritte in equilibrio. Sennò diventi pazzo.

L’uomo, deve avere un equilibrio. (PPM, p.16)

A mio avviso, i chakra e il reiki vengono usati inconsciamente dal narratore come paralleli del reale e del non reale: il concetto di chakra, usato da migliaia di anni nelle religioni orientali, rappresenta il reale mentre il reiki, una pseudoscienza New Age che ha il compito di vendere un illusorio auto- miglioramento della persona, rappresenta il non reale. In una persona, questi due aspetti devono trovare un equilibrio simile a quello che si dovrebbe avere tra il mondo reale e il non reale, come spiegato da Neiman. Il puer e l’adultescente non trovano mai questo equilibrio perché cercano di scappare e di sottrarsi alle incertezze della realtà e si rifugiano invece nel luogo sicuro e certo del non reale. Per fuggire dal suo essere incerto, ad esempio, il protagonista si serve innanzitutto di una maschera per nascondere il suo vero io quando sale sull’aereo per Puerto Plata:

Salendoci sopra, non sono riuscito a presentarmi bene all’equipaggio.

Intendo dire quella cosa semplice dei saluti nel momento in cui metti piede sull’aereo.

Era come se stavo fuggendo.

Allora ho sorriso come un uomo che è del tutto soddisfatto della sua vita, e lo mostra alla gente.

Lo facevo cercando di essere serio, seguendo gli altri passeggeri ho trovato il mio posto, mi sono seduto ho ripreso fiato. (PPM, p. 20)

7 Con chakra si intende dei centri energetici che governano il corpo e la mente il, con reiki una disciplina simbolica per mettere in contatto i sensi individuali con quelli universali.

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La maschera, o persona, un concetto elaborato da Jung, viene usata come un meccanismo di difesa dell’ego. Con la maschera si protegge la coerenza e continuità dell’individuo contro il mondo circostante, perché ci si identifica in un ruolo (Young-Eisendrath & Hall, 1991, p. 6). La maschera è in questo caso perfettamente integrata nella società e rappresenta una versione non reale del protagonista che ricorda più un attore che recita una parte a teatro che sé stesso: è un uomo sorridente e soddisfatto che dissimula il suo imbarazzo iniziale provato con la fuga dalla realtà italiana. D’altro canto, la realtà è un luogo o uno stato mentale dove sono presenti sconforto, pressioni e imbarazzi che angosciano il protagonista:

Nei telefilm non succede cosí.

Tutti telefonano alla persona giusta nel momento giusto.

Io, sbagliavo i tempi, diventavo rosso e baciavo prima o dopo quando dovevo baciare.

Se fai cosí in un film, ti scacciano cambiano attore. (PPM, p.12)

Michele spiega la sofferenza che la realtà provoca facendo un paragone con i telefilm: nel mondo fittizio dei telefilm non esistono errori, tutto è incastrato al posto e al momento giusto, e non c’è spazio per le incertezze e esitazioni. I personaggi di Puerto Plata Market cercano di sfuggire dalla realtà, rappresentata nel romanzo soprattutto dall’Italia e le sue incertezze, e si rifugiano invece in una specie di Isola che non c’è:8 un mondo fiabesco dove non si sbaglia mai e non c’è bisogno di pensare agli avvenimenti reali della vita – un mondo come quello uscito da una cartolina o da una pubblicità. L’Isola che non c’è prende forma in due modi: in Puerto Plata o nel salotto di casa davanti alla TV.

4.2. Happiness in slavery

Come detto precedentemente, l’adultescente e il puer cercano ad ogni occasione di scappare dalla realtà per un mondo utopico presente solo nella loro fantasia, che nel caso di Michele si materializza nella TV, la sua finta sensazione di realtà, e i piaceri del consumismo. Ma bisogna capire cosa sia la realtà per il protagonista: la realtà è qualcosa di sconfortante e che fa male, come egli stesso riconosce quando picchia Marina, la donna che lo ha tradito, mentre egli osserva che nell’infanzia poteva invece fare quello che voleva, anche essere violento, senza conseguenze dolorose perché da bambino non è la stessa realtà:

Adesso, tutto è reale.

Come era reale la faccia di Marina con il sangue dell’asta della lampada che le usciva dalla faccia perché avevo fatto cosí, per odio, continuavo a pestarla, a farle del male.

Da bambino è tutto piú facile perché fai male per gioco, vivi per gioco, vai nel negozio a comperare gli ovetti, li apri e trovi un soldatino. (PPM, p. 14)

La parte violenta del proprio ego viene repressa da Michele perché consapevole delle responsabilità, del senso di colpa e della perdita delle certezze che essa causa. La violenza infantile, quella per gioco, invece non provoca lo stesso effetto perché da bambini non se ne comprende il significato e si rimane innocenti.

Tuttavia, le percosse a Marina non sono l’unico episodio di violenza: la violenza e la morte sono eventi

8 L’isola di Peter Pan

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ricorrenti nel romanzo che Michele cerca di allontanare dalla propria vita e che rappresentano ciò che è reale per lui. Racconta del suo compagno di scuola Salvatore, il cui padre muore lavorando nella Svizzera che Michele idealizzava come luogo perfetto, e il protagonista si rende conto di come la rottura di continuità con quella idea perfetta della Svizzera, gli faccia detestare il suo compagno di scuola:

Quel bambino, Salvatore, era diverso dalla Svizzera come la intendevamo noi che avevamo il padre che con lui andavamo a fare benzina sabato. Salvatore era per me una schifezza di persona che abitava in una specie di cantina e a mezzogiorno al massimo mangiava un uovo. (PPM, p. 42)

La repulsione verso ciò che è violento si nota quando Michele nella farmacia Benerico, paragona i giornali di cronaca nera, alla rivista italiana “Cronaca Vera”, - una rivista che usa elementi erotici per

“vendere” gli avvenimenti reali:

Poi ci sono i settimanali, su tutti uno che si chiama «Succesos»9 ed è orrendo è una specie di «Cronaca Vera» con in copertina invece della figa con la sesta di reggiseno la faccia squartata di un ragazzo assassinato. (PPM, p .74)

Da notare che questa tendenza a reprimere la violenza è molto simile al complesso dell’ombra di Jung.

Con l’archetipo dell’ombra si intende l’opposto del proprio ego: l’ombra è una parte che viene repressa perché è il contrario della rappresentazione dell’individuo ed è una parte estranea del sé che, quando si manifesta, mostra qualità non conosciute agli altri per difendere la propria coerenza. La manifestazione dell’ombra è apparente nella violenza contro Marina causata da uno spezzarsi della coerenza e continuità della loro relazione a causa del suo tradimento. Oltre alla violenza, la realtà viene paragonata da un amico siciliano di Michele alla notte svizzera:

Questo mio amico diceva che la notte è la realtà della vita, specialmente quando è silenziosa come succede in Svizzera dopo una certa ora, per esempio alle undici di sera mentre in altre parti del mondo sono tutti in strada a fare giorno anche di sera, in Svizzera, nell’anima, c’è freddo e allucinante buio totale, e insomma è notte. (PPM, p. 39)

Michele associa quindi la calma e il freddo della Svizzera alla notte, che a sua volta simboleggia la realtà. Egli tende ad associare la realtà alla notte perché in essa non può trovare alcun vero svago ed è quindi un momento in cui comincia a pensare all’incertezza della vita e a temi esistenziali:

Infatti, quella vicinanza alla Svizzera, al modo di essere che è tipico della Svizzera, fin da piccolo era per me la stessa cosa della notte, che quando arriva non smette di farmi pensare delle cose sull’esistenza che dappertutto non capisci.

Che continua a fare un casino. (PPM, p. 37)

Quindi Michele, in una notte insonne e al buio ai Caraibi, riflettendo sulla vita in un monologo interiore, comincia a rendersi conto delle storie che si ripetono e delle somiglianze tra l’Italia e la Repubblica Dominicana uscendo dall’illusione del luogo paradisiaco e capendone la finzione:

[…] a pensare a come tutto succede naturalmente, da moltissimo tempo, in fondo alla fine sono sempre le stesse storie che si ripetono […] (PPM, p. 71)

9 “Succesos” vuol dire eventi, avvenimenti in spagnolo.

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La notte rappresenterebbe quindi un momento di incertezza in cui il protagonista si sente confuso e spaventato. Questo aspetto simbolico della notte è presente anche nell’infanzia di Michele, quando da bambino, nel suo letto prima di dormire, si rifugia nel mondo della TV per bambini invece di pensare all’omicidio di Aldo Moro e alle Brigate Rosse:

Io, volevo andare nel paese di Efrain Calzelunghe.

Allora quella notte ho chiuso forte gli occhi non pensavo alla politica pensavo ai cartoni e quindi a Pippi e a suo papà e ai pirati e al mondo che i pirati conoscono andando nei Caraibi con la nave. (PPM, p. 45)

Il rifiuto di pensare all’omicidio di Aldo Moro ci riporta alla teoria di von Franz (1980) che il puer fugga dalla realtà perché accettarla vorrebbe dire accettare l’idea della propria mortalità e, se il puer abbandona il paradiso, sarà costretto ad affrontare finitezza e la corruttibilità dell’esistenza, come rivela la psicanalista, cosa che Michele cerca assolutamente di evitare, immergendosi nel mondo fantastico della TV dove tutto è perfetto. Michele da adulto, inoltre, per paura del buio e della notte, cerca sempre di stare in prossimità della luce perché per lui è qualcosa di rassicurante: accende la luce la prima volta che è insieme ad una ragazza; Francis, la prostituta dominicana, è illuminata da luci stroboscopiche al loro terzo incontro e, quando il protagonista e Francis salgono in camera assieme, Michele lascia lo sportello del frigobar aperto per illuminare la stanza. L’illuminazione rende Michele più sicuro e lo fa sentire a proprio agio. Ma l’illuminazione che Michele cerca e usa non è non un’illuminazione naturale che mostra il mondo nella sua realtà, ma è un’illuminazione artificiale, frutto della tecnica. Questo cercare inconsciamente di vivere le sue esperienze con una luce artificiale è un bisogno riconducibile ad una latente immaturità come prospetta Neiman per spiegare l’immaturità dell’uomo nell’era moderna. La filosofa, rifacendosi a Kant, spiega che l’illuminismo, cioè l’essere illuminati, è uno stato a cui l’uomo arriva dopo aver abbandonato l’immaturità. Tuttavia, Michele è sì illuminato, ma da una luce artificiale, una luce che viene venduta a 123000 lire dalla società consumistica, una luce che crea solo un’illusione e non conduce alla conoscenza di sé, all’autenticità dell’esistenza come il lume della ragione che intendeva Kant.

Per mancanza di coraggio nell’affrontare il mondo reale, come abbiamo visto, Michele si rifugia nella TV: un atteggiamento che ha tenuto sin dall’infanzia e che non è riuscito a far sparire crescendo. La televisione aiuta il personaggio a non affrontare la realtà offrendone una versione corrotta e imbastardita con l’utilizzo di pubblicità e cartoni animati. Un esempio è la paura dei leoni che Michele perde solamente quando il predatore alfa diventa un cartone animato innocuo e simpatico:

Da bambino, ogni volta che facevano un film della Warner Bros io scappavo a letto perché all’inizio c’era un leone che ruggiva, e mi faceva paura. A letto sognavo leoni tremendi in tutta la casa. E un po’

li odiavo un po’ li amavo, perché speravo si mangiassero mio nonno. (PPM, p. 21)

Il leone, che è un simbolo di coraggio, veniva detestato da Michele perché lo associava al nonno fascista che gli ripeteva la frase di Mussolini: “meglio vivere un giorno da leone che cento da pecora” (PPM, p.

21). D’altronde, questa frase è collegabile alla teoria di Neiman secondo cui per crescere occorre avere il coraggio di giudicare e affrontare la vita nonostante le crepe che essa fa. L’immagine del leone reale è un contrasto con la vita vile che Michele ha e l’unico modo per perdere la paura del felino è dunque la visione di una proiezione banalizzata del leone il che conferma la tesi di Bernardini (2014) che i mass media banalizzino e infantilizzino la realtà per renderla più commerciabile e attraente. L’idea che la TV

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contraffaccia la realtà e anche la storia, si incontra altre volte nel romanzo: Nerone diventa un cartone animato simpatico perché balla insieme a Speedy Gonzales, le pubblicità sull’America latina mostrano un luogo dove ci sono donne di colore bellissime in cui tutti sono felici mentre i Caraibi diventano un luogo stupendo per via di Efrain Calzelunghe.

Se Michele non evade la realtà con il palinsesto televisivo e le pubblicità, allora la evade con quello che forse è il suo più grande vizio e forma di consumo, cioè la pornografia. Abitudine contratta ovviamente da giovane, Michele mostra la sua mania per il porno raccontando di quando girava per le discariche alla ricerca di giornaletti erotici per poi, da adulto, trovare il coraggio di comprarli dall’edicolante quando diventò una prassi normale in Italia. Come spiega Michele, il porno è un piacere istantaneo che egli stesso sfrutta per non pensare ai momenti tristi della vita:

Comunque l’importanza dei giornalini era che se da ragazzino non capisci niente ti viene l’ansia, vai fuori, il mondo è evidentemente piú grande di te. Ogni cosa passa via velocissima, non fai in tempo ad afferrarne una che già hai l’ansia di tutto quello che non sei riuscito a ricordarti, pensa te capire. Allora se hai un porno guardi una bella figa e sei sicuro che quello va bene, tu lo sai che per quell’attimo te la cavi con un piacere […] (PPM, p. 78)

Lo stesso accade quando nel ’89 compra una videocassetta in offerta a 1500 lire con un documentario sulla povertà del terzo mondo, che toglie dal videoregistratore subito per guardare un porno e distrarsi da quei pochi minuti di orrore che aveva guardato:

Ho visto solo l’inizio, con dei bambini cinesi che uscivano da un buco di un muro di una casa esplosa, mentre la voce raccontava che i bambini sono le vittime della violenza.

Poi l’ho tolta subito dal registratore perché ho guardato Corpi perversi per culi vogliosi, che c’era incellofanata nella stessa cesta, tutta piena di strisce di censura. (PPM, p. 127-128)

In Michele, la facilità e la gratificazione istantanea della pornografia hanno sostituito quegli sforzi che doveva compiere nella vita reale con l’altro sesso e, in una frase di difficile interpretazione, egli spiega che vivere nella finzione è un bene per lui perché non è in grado di affrontare le incertezze:

Questa cosa era scomoda che le ragazze reali sono piú ingombranti dei giornaletti, a una certa ora devono andare via, e hanno mal di pancia, problemi.

Il funzionamento delle cose che sono immediatamente vita pensandoci bene mi sembra molto volgare, e allora a me vanno senz’altro bene tele e finzione assoluta. (PPM, p. 79)

Il porno rappresenta un tipo di consumo che non è molto differente dalla televisione: sia il porno che la TV sono degli strumenti usati da Michele per ricevere quelle gratificazioni istantanee che tanto piacciono agli adultescenti. In questo caso il porno è quella scappatoia facile, semplice e veloce, come descritta da Barber (2007) e Bernardini (2014), usata a discapito di un approccio adulto, cioè affrontare la realtà complessa e difficile. Il porno non è l’ultimo vizio che piaga Michele: lo sono anche gli acquisti impulsivi che lo distraggono temporaneamente dalla realtà. Un esempio è come egli cerchi di sistemare la sua vita comprando oggetti che gli offuschino la mente e che non lo facciano pensare a quello che aveva fatto a Marina:

Io, dopo quella volta che ho dato le botte a Marina, ho mandato i chakra fuori posto. Allora, ho provato a prendere la pappa reale ogni giorno, un mio amico della Telecom mi aveva detto che con la pappa reale vai a posto per qualunque cosa.

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Invece, non è successo niente, ero sempre ossessionato da questa idea di come mi ero comportato.

Allora, ho comprato il giornale «New Age» con il compact delle musiche per stare un po’ meglio.

Allora, di notte, ascoltavo quella musica e pensavo un mondo migliore. (PPM, p. 161)

L’autore usa pappa reale per sottolineare il fatto che il protagonista abbia bisogno di trovare equilibrio attraverso una dose di realtà, cosa che però alla fine non gli offre il risultato sperato, in contrasto alla musica New Age, cioè un placebo di speranze per un mondo migliore. Tuttavia, egli è comunque conscio che il consumo sia un problema nella sua vita, acquistando prodotti di dubbia utilità per un adulto, come i cellulari giocattolo o i gadget della Juventus:

Se tu fai bene la spesa, sei tranquillo.

L’importante è non spendere soldi in troppe cagate. Una cagata è il cellulare di plastica gialla con le caramelle e il rumore. (PPM, p. 13)

Questa sua indole consumistica è un vizio che si porta dietro dall’infanzia quando la felicità era il poter acquistare nelle stazioni di servizio svizzere della cioccolata come il Toblerone e il Moretto, e in Italia il Carrarmato. L’animo consumista del protagonista riuscirà anche a trovare rifugio nei non-luoghi della, sulla carta, incerta Puerto Plata: nel supermercato Silverio Messon, Michele si rincuora in un territorio noto dove può soddisfare il suo impulso di consumare (Mondello, 2007, p. 147). In esso, da compratore esperto qual è, descrive i prodotti che trova e rimane deluso dal fatto di non trovare né merendine Mulino Bianco né merendine di un’altra marca tranne qualche snack che ricorda solamente l’originale.

4.3. Man in the box

La Storia, è la dimostrazione che di fondo la gente anche durante molti secoli non ha capito cosa vuole fare, continuano ad ammazzarsi. (PPM, p. 21)

Queste sono le parole del protagonista che pensando alle sue passioni, tra cui la storia, fa una metanarrazione di sé stesso e del resto dei turisti nell’isola Caraibica. Questo pensiero viene esplicitamente ripetuto da Sebastiano, un italiano appassionato di moto che si trova a Puerto Plata, dicendo che “non h[a] saputo mai molto bene in che posto andare” (PPM, p. 122). Da queste parole viene indicato uno dei problemi del puer e dell’adultescente: vivono una vita a cui manca una direzione ben precisa, il che è riconducibile alla nozione di “vita provvisoria” e allo stato di “stabile instabilità”.

La “vita provvisoria” e il vivere in uno stato di “stabile instabilità” sono due tratti molto simili che fanno parte sia della psiche dell’adultescente che del puer. Queste due caratteristiche indicano che una persona rimasta allo stato adolescenziale non è mai in grado di impegnarsi e responsabilizzarsi verso un partner o in un percorso professionale e esistenziale stabilito, poiché vorrebbero dire perdere quel potenziale e libertà di fare qualsiasi cosa nel corso della vita. Paolo, un ragazzo fiorentino che si è trasferito a Puerto Plata da quattro anni, racconta il motivo che lo ha spinto a trasferirsi lì:

Io qua ho trovato il paradiso due anni fa perché io sono divorziato, quasi tutti quelli che sono qua sono divorziati, se tu hai provato la vita coniugale se ci riesci ad avere costrizioni su costrizioni dopo vedi come sei libero, cosa fai. (PPM, p. 56)

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Paolo e molti degli altri italiani a Puerto Plata, a differenza dell’adultescente descritto da Ammaniti, erano riusciti a trovare dei partner e una concreta stabilità nella vita. Questa stabilità però era diventata una prigione fatta di costrizioni, nella quale non era possibile liberare i propri sfizi. Il matrimonio diventa metaforicamente un suicidio e la responsabilità una pressione, come Paolo afferma a Michele:

Perché il fatto è anche che il matrimonio ti ammazza, cosa vuol dire rimanere sempre con la stessa persona dover rispondere di tutto e la pressione fiscale le cose che tu hai da fare in Italia.

Guarda, è meglio lasciare stare. (PPM, p. 56)

Lo stesso è accaduto ad Andrea, un trentenne milanese in procinto di costruirsi una casa in Giamaica.

Egli ha speso i suoi ultimi anni viaggiando nel sud globale per provare la vita da hippie: dall’India al Kenya ai Caraibi, consumando droghe e avendo rapporti sessuali occasionali per tornare in Italia solamente per lavorare come cameriere e racimolare qualche lira. Andrea racconta al protagonista di essere stato un giovane responsabile in passato per poi fare un’inversione di marcia e vivere nello stato di stabile instabilità, volendo recuperare il tempo che aveva perduto da adolescente:

Io non sono mai cambiato per nulla tranne quando ho finito il liceo scientifico. Ero un ragazzo modello, che non fumava non beveva alcolici che si vestiva bene ed è entrato nella Milano dei posti frequentati dagli altri ragazzi come quello che si vestiva con decenza, fuori dai canoni normali della spensieratezza della gioventú, che non capivo in fondo per i miei sani principî. (PPM, p. 93)

Anche Michele mostra la voglia di non cambiare e impegnarsi al suo terzo incontro con Francis perché timoroso che possa succedere qualcosa che pregiudichi il suo modo di vivere. Di conseguenza vorrebbe rifugiarsi nel mondo della televisione per sottrarsi a questo pericolo:

È una frazione di secondo, mi attraversa la voglia di scappare, di essere a casa, tranquillamente seduto davanti a una trasmissione che ho già visto tante di quelle volte, come le vendite per corrispondenza degli orologi, a non pensare che qualcosa può cambiare, che adesso possa succedere. (PPM, p. 143)

Il rifiuto ad impegnarsi e la perenne ricerca della tranquillità sono evidenti anche nella scelta dei programmi televisivi di Michele. Il suo telefilm preferito è Beautiful, una soap opera che va avanti all’infinito in cui non c’è bisogno di rimanere concentrati perché per la maggior parte del tempo non viene proposto altro che momenti morti e non importanti per lo svolgimento della storia. Michele spiega che la visione del telefilm “[è] più che altro […] momenti di relax, […] non [si ha] la tensione continua ogni istante, [si] riposa” (PPM, p. 145).

La “vita provvisoria” consiste anche nell’avere una certa fascinazione per il pericolo: Paolo racconta di Vincenzino, un uomo siciliano trasferitosi nella Repubblica Dominicana, che a detta di Paolo “faceva stronzate su stronzate” (PPM, p. 60) pubblicamente fino a farsi uccidere mentre Paolo stesso è stato arrestato per non aver stipendiato un haitiano. Andrea invece, dopo aver comprato e consumato della droga in Africa, è stato passeggero del suo spacciatore che guidava sotto effetto di droghe senza guardare la strada, e Sebastiano guidava imprudentemente al buio nella notte in cui è stato attaccato da dei dominicani. È da evidenziare che la loro vita all’insegna del pericolo viene automaticamente risolta da due fattori: il denaro e la madrepatria Italia. Con il denaro Paolo può permettersi di corrompere le autorità dominicane, Andrea può permettersi la sua vita nel sud globale tornando per un periodo in Italia

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a lavorare come cameriere e Sebastiano cura le ferite che si è procurato in moto in Italia. Il poter pagare per le proprie bravate è riconducibile allo stato di immaturità descritto da Kant, il quale sosteneva, come abbiamo visto, che l’essere immaturi è una conseguenza del poter pagare qualcun altro per rimediare alle proprie nefandezze. Non solo ciò coincide con la teoria kantiana ma anche con il fatto che l’adultescente sia più comune negli individui dei paesi sviluppati perché è una fase della vita che può essere permessa dal conto in banca.

Il puer e l’adultescente cercano di allontanare gli impegni il più possibile poiché sarebbero una distrazione da sé stessi, il che non gli dà la possibilità di rendersi conto del tempo che passa. Tuttavia, sembra che siano loro a volere questa vita leggera, con l’idea che possano vivere senza pensare a un domani. Paolo ripete lo stesso concetto a Michele, affermando che a Puerto Plata il tempo si ferma perché in quel luogo “un’horita” non è una misura fissa del tempo, ma flessibile e indeterminata, adatta ad un luogo dove non esistono impegni e vincoli, in contrasto con quello che succede in Italia dove la vita viene scandita in orari e attività prestabilite:

Ero seduto di fuori pensavo questa vita i legami la mia terra e qui dove puoi stare senza orologio, quasi nemmeno sai piú che giorno è, da quando sono qui l’orologio non l’ho mai messo, me l’ero ripromesso e l’ho fatto. Qua c’è un modo di dire un’horita è sicuro vuol dire un minuto o sei giorni, è uguale fa lo stesso non lo sai, non è come da noi. In Italia alle nove colazione, alle nove e dieci in ufficio, alle dieci il caffè e cosí via. (PPM, p. 57)

Anche Andrea esprime la stessa nozione senza però essere così diretto. Lo fa raccontando il nulla che vivevano i suoi amici, che non avevano voglia di fare qualcosa di impegnativo e perdevano il loro tempo parlando di niente, una vita che ha poi egli stesso ha scelto per sé:

Non me ne fregava un cazzo.

Loro dicevano no, non me ne frega un cazzo rimanevano lí a parlare per ore di niente.

Allora io li mollavo me ne andavo.

Poi ho mollato tutto, di brutto, per sempre. (PPM, p. 93)

Non è dato sapere perché Paolo e Andrea abbiano arrestato il loro tempo, tranne che per un semplice bisogno edonistico, ma per Michele si può dedurre che sia una reazione all’omicidio di Aldo Moro e il futuro che si andava spiegando all’orizzonte, che rispecchia l’osservazione di Lucamante (2001) che i cannibali scrivevano di un’Italia che cercava di uscire dagli anni di piombo:

Dopo sparecchiato, mia madre ha detto che il mondo che mi aspettava diventava sempre peggiore, e che il mio futuro sarebbe stato spaventoso perché non si capiva piú niente di quello che stava accadendo.

Io capivo che mia madre aveva paura.

Mio padre non parlava.

Anche mio padre aveva paura. (PPM, p. 45)

Per esorcizzare il timore che vedeva nei genitori, l’unico modo possibile era fermare il tempo in un mondo migliore per lui, cioè la TV, i mass media e i giocattoli. Tuttavia, questo risulta problematico per Michele poiché questo suo non osare, vivere in una vita provvisoria e di estraneazione, diventa una

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castrazione quando da adulto cerca di avere relazioni durature. Il verbo castrare non è usato a caso: il protagonista soffre di una disfunzione erettile verso la conclusione del romanzo e più volte si mette in dubbio il suo essere uomo: la prima volta attraverso le parole de “l’amica di un amico” che gli dava dell’allusivo, cosa che per lei gli uomini non sono; la seconda volta quando il protagonista sceglie di guardare la televisione invece di stare con la sua ex-compagna, come se volesse sottrarsi agli “obblighi”

verso di lei:

Io mi ricordo una volta ero con Marina lei era a letto e io cercavo le partite alla tele quando lei ha abbassato un po’ le lenzuola.

Io un attimo ho staccato gli occhi dal video le ho detto che all’improvviso non poteva farmi vedere un qualcosa che può distrarre chi cerca un canale.

Lei mi ha chiesto che cosa.

Io le ho detto, indovina.

Queste, per caso?, mi ha detto mostrando le tette.

Le ho risposto di sí, ho deglutito e cercato la Juve. (PPM, p. 82)

Preferire la TV alla donna accanto a lui è riconducibile alla teoria della fuga del puer aeternus con

“aerei del pensiero”: secondo von Franz il puer per allontanarsi dalla madre terrena e dalla realtà si perde in discorsi filosofici teologici, sacrificando i propri genitali per salvare la mascolinità mentale. In effetti Michele parla spesso del paradiso, del fatto che gli umani siano “i videogiochi di Dio” e ha dedicato un intero capitolo alle nuvole e al cielo. Però il tutto viene mediato attraverso un filtro consumista e non religioso. Infatti, come citato poc’anzi, Michele si allontana da Marina, che rappresenterebbe una versione della madre terrena, cercando canali TV dove non ha bisogno di “vivere nella performance” (PPM, p. 16) come in realtà vorrebbe la sua ex-compagna.

4.4. Heaven’s a lie

All’inizio del romanzo, Michele spiega subito la sua insoddisfazione dei suoi amori in Italia, che coincide con il dongiovannismo del puer aeternus:

Ho conosciuto solo amori imperfetti.

Amori brutti. (PPM, p. 11)

Von Franz (1980) spiega che il puer aeternus cerca in altre donne quella relazione speciale che aveva con la madre, ma avendola posta su un piedistallo e divinizzata, il puer non riesce a ritrovare in altre donne lo stesso modello di perfezione e ne rimane deluso. Il protagonista apre il romanzo parlando immediatamente di Marina, la donna che lo ha tradito, e di come ella non fosse la sua metà perfetta perché troppo concentrata su sé stessa:

MARINA PARLAVA SEMPRE DI SE STESSA, del suo lavoro, di quello che avrebbe fatto.

Marina, viveva nello spettacolo della sua vita. (PPM, p. 16)

Per Michele è impossibile considerare l’amore con Marina come qualcosa di perfetto. Egli spiega così la sua idea dell’amore:

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Per me, l’amore perfetto è quando tutto va via come un film, e le pubblicità sono quando tu e questa tua donna andate in Svizzera a comprare qualcosa, o anche all’Ikea per rinnovare l’arredamento. (PPM, p. 16)

Da queste prime parole è possibile scorgere qual è il problema di Michele: l’amore per lui è l’immagine patinata che viene trasmessa nei film e nelle pubblicità. Un copione già scritto come quello di uno spot e non imprevedibile come la realtà. Michele ribadisce il suo punto di vista anche per quanto riguarda la delusione delle sue aspettative:

Perché questo tipo d’amore, con una donna, sempre diventa...non so, ti sfugge di mano, ti ammazza.

È quando tu sei lí che pensi che è una storia tipo Beautiful e invece lei non ti chiama perché andata in camporella con uno di Venegono. (PPM, p. 10)

Queste parole di Michele corrispondono col pensiero di von Franz, cioè Michele come il puer subisce una fascinazione iniziale di una donna che lo rende speranzoso di una relazione, in questo caso da soap opera, per poi invece rimanere deluso dal comportamento di lei. Inoltre, con “ti sfugge di mano, ti ammazza”, Michele lamenta della propria mortalità, qualcosa che il puer non può accettare secondo von Franz. Il personaggio principale racconta anche di altre sue relazioni: la prima volta che ha fatto l’amore che “non era niente di speciale, o specialissimo” (PPM, p. 8), il rapporto con una donna napoletana che preferiva Ridge10 e collezionava cianfrusaglie di Padre Pio, con una ragazza ai tempi del liceo a cui regalava i Baci Perugina e con una donna che ripeteva due o tre volte quello che diceva. Donne con cui non ha potuto continuare una relazione per vari motivi. Michele cerca l’amore anche nei lavoratori del sesso: nel primo capitolo dice di aver avuto intenzione di spendere delle cinquantamila lire vinte al gratta e vinci con delle prostitute tedesche di una linea telefonica sexy pubblicizzata nella rivista

“Secondamano”, per poi rimanere deluso dal fatto che si trattasse in effetti di due meridionali che non corrispondevano all’immagine della pubblicità. Similmente, nel 1989, Michele legge nel giornale

“Venerdì di Repubblica” di bellissime modelle russe appena trasferitesi in Italia con al seguito alcuni transessuali che lo incuriosiscono. Quindi, presa l’auto, si avvia verso l’autostrada per avere un rapporto sessuale con uno di loro, ma rimane nuovamente deluso perché non risponde alle sue aspettative e si è ritrovato perfino con un taglio sul viso. Che Michele cerchi l’amore nei lavoratori del sesso dopo averne sentito parlare in riviste o giornali non deve essere un caso: secondo Kant l’agire solo perché condizionati da quanto letto in un libro, senza giudicare se sia giusto o sbagliato, è indice di immaturità dell’individuo.

Anche nelle donne si percepisce l’influenza del “complesso della madre”. Anche esse, esattamente come gli uomini, cercano dei partner idealizzati che è un ideale di uomo che “non esiste” (PPM, p. 10) secondo Michele. Per questo motivo, alcune donne si vedono costrette praticare il turismo sessuale in paesi del terzo mondo, come racconta Luis, un sancho pancho11 a Puerto Plata:

Quasi sempre le tipe quelle che vengono qua a cercare uomini bisogna dire sono delle tipe grasse o molto grasse che sognano di farsi il fusto, l’uomo ideale che se lo immaginano soltanto, dove stanno loro. (PPM, p. 141)

10 Ridge è un personaggio della soap opera “Beautiful”, Michele preferisce Thorne.

11 Un prostituto

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È evidente quindi che sia uomini che donne soffrano di questo complesso: sono alla ricerca di un’immagine del compagno irrealistica, una versione divinizzata non accessibile nella realtà. Il tratto divino viene enfatizzato da Michele raccontando di un sogno sulla Madonna e il paradiso:

Una volta, ho sognato la Madonna.

Era vestita di azzurro e aveva l’aureola e mi guardava.

Mi ha detto di seguirla.

Diceva che mi portava in paradiso.

Mi sono avvicinato e mi ha preso la mano.

Aveva la mano tutta appiccicaticcia e rideva.

Aveva la faccia di Marina.

Aveva la faccia e le mani piene di sborra.

Il paradiso era Rozzano.

Il parcheggio vicino Rozzano. (PPM, p. 15)

Marina rappresenta inizialmente la Madonna che lo lascerà amareggiato e deluso quando la realtà si mostrerà per ciò che veramente è, analogamente a quanto succede alla letteratura di stampo cannibale con la fascinazione per il consumismo, vale a dire l’illusione dell’iniziale felicità portata dai beni di consumo. L’uso della Madonna come allegoria si riconduce alla teoria del puer e del complesso del Messia. Il Messia, che per i cristiani è Gesù Cristo, in questo caso sarebbe alla ricerca di una figura che gli ricordi la madre, cioè la Madonna. Il simbolismo religioso viene usato spesso nel romanzo: è utilizzato per giustificare il viaggio nella Repubblica Dominicana come un viaggio alla ricerca del paradiso, in passato destinazione dei defunti e delle divinità e ora meta per le celebrità, ciò a indicare lo scambio di ruoli che è avvenuto col tempo:

Un tempo, i nostri nonni erano convinti che in cielo c’erano innanzitutto i morti, e poi personaggi famosi del Cristianesimo, come per esempio Gesú la Madonna etc.

Meno male che oggigiorno, nel cielo, c’è Valeria Marini e anche incredibili pornostar che vanno avanti e indietro per fare un film etc. (PPM, p. 27)

Quindi si avverte un cambio generazionale. Quei simboli che una volta per il puer erano cristiani, adesso sono mediatici: sono le stelle della TV e del porno che giustificano il desiderio di una relazione da pubblicità in Michele vista la pressione che viene fatta dai media. Le donne che Michele desidera non sono le donne comuni, ma quelle dello spettacolo come raccontato da lui stesso: le varie Valeria Marini, Heather Parisi, Cicciolina o anche la bambina svedese Helena, compagna di classe di Michele che gli ricordava Pippi Calzelunghe: quindi anche figure dall’aspetto angelico, che fanno da riferimento a un posto migliore e rassicurante perché sono delle certezze che non escono dalla TV o dalla rivista, e che allo stesso tempo sono sensuali. Inoltre, per marcare maggiormente il cambio generazionale tra divinità e celebrità, l’autore cita almeno tre volte la cantante Madonna come se fosse un modello da seguire o donatrice di un sogno: una prostituta parla di Madonna dicendo: “Anche Madonna è una puttana […] e io voglio diventare come lei” (PPM, p. 64). Michele ricorda una maglietta indossata dalla cantante con

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